per Andrea Sparaco

12.08.2012 09:44

Da un libro in ricordo di Andrea Sparaco, pubblicato grazie all’amore, alla passione, all’umanità e alla poetica esistenza del carissimo Lello Agretti, propongo qui, ad un anno dalla scomparsa di Andrea, due brevi tesimonianze. Quella di Alberto Abruzzese e la mia. Con Andrea tante volte abbiamo ricordato quella visita allo studio romano di Alberto, e Andrea sempre ne parlava come di un regalo ricevuto. Il fatto è che anch’io e Alberto pensavamo a quell’incontro come ad un regalo che Andrea ci aveva fatto venendo in treno fino a Roma. Andrea Sparaco e la sua poetica dell’incontro sono stati un regalo irripetibile per tutti noi.

 

Caro Andrea,

il dialogo non ha mai un’ultima parola. E nemmeno una prima parola. Lo continuiamo così, a dare ragione a quello che sempre hai detto con le tue opere, i tuoi regali, i tuoi pensieri, la tua gentilezza d’animo.

Nel dialogo facciamo esperienza del nostro finire, scadere, esitare, pronti a scoprirci diversi ai nostri occhi, trasformati dallo sguardo di chi ci ascolta e ci parla; è fare la conoscenza di se stessi, presentarsi a sé, riconoscere le nostre tenebre cercando nel nero della pupilla di chi guardiamo, lì cercare le ragioni per cui viviamo.

Lo progettavamo, un nuovo dialogo, dopo i nostri di Santa Maria, di Sessa Aurunca, di Teramo; un dialogo sul limite e sulla memoria, sulla persistenza e la custodia del limite.

Nei giorni di Pasqua sono venuto a piedi al tuo studio; venivo da mia madre, dal cimitero. Mi hai detto che, in fondo, viviamo per conoscere le ragioni per cui moriremo.

Il limite stava prendendo corpo.

L’immagine era quella di una linea talmente indeterminata da non poter essere attraversata; il termine della vita come passaggio impraticabile, avvenire e memoria senza forma di transito. Un limite non identificabile e, proprio per questo, insuperabile. La ricerca della verità della vita come inquieto intrattenersi nei pressi di un limite instabile da ricordare, che non viene meno e non dà quiete alla memoria.

La ricerca della verità, ci dicevamo, è come la mancanza d’aria. Al telefono, ti scusavi per l’affanno. Le ultime parole che mi hai detto sono: “Scusatemi, scusatemi”.

Per me la memoria sarà questa.

Si resta sempre in dialogo, con quella tua voce. Io porto avanti quel nostro progetto. Il dialogo non ha un’ultima parola.

Lucio Saviani

 

Sono entrato in contatto con Andrea grazie a Lucio, ormai è passato molto tempo o almeno a me così sembra. Si è trattato di un incontro breve con lui e con la sua opera. Ormai ricordo assai poco di quell’incontro. Per colpa della mia tendenza a scordarmi di tutto. No di certo perché l’immagine di Andrea o le immagini da lui create fossero deboli o si siano fatte deboli. Tutt’altro. In tutti questi anni, quanto più si annebbiava il periodo e la cornice del nostro incontro, tanto più si facevano forti e sempre presenti due sensazioni: lo slancio emotivo del suo parlare con me (in particolare per via telefonica e dunque in assenza del suo corpo sapeva dare corpo in un modo tutto particolare alla sua voce) e il tratto fine, puntuale quasi ossessivo (ma ossessiva è forse soltanto la mia memoria) del suo disegno, la pazienza della sua riflessione per immagini, l’attenzione alla polivalenza dei segni. Così ora lo penso disegnare con la voce.

Alberto Abruzzese