Destino filosofico. Jankélévitch

30.03.2010 15:53

Non avere nessuna parentela filosofica con i propri amici politici, né alcuna connivenza politica con dei filosofi che forse condividono il nostro destino filosofico: è un triste destino filosofico. Ed è il mio destino. Nello stato gregario in cui oggi si esercita la funzione filosofica, chi non ha scelto il proprio pubblico e il proprio gregge è condannato alla solitudine: non ha un’etichetta sulle spalle, non è individuabile, non ha famiglia – dunque non esiste. E’ un apatride filosofico [...]. Ma, d’altra parte, perché si dovrebbero seguire gli insipidi itinerari del turismo filosofico? Perché privarsi delle scoperte che ci riservanoi cammini nascosti e abbandonati, deviati dei vagabondi? Le scoperte che vi si possono fare non sono giudicate degne di figurare sulle guide blu della cultura… E tuttavia la necessità di rompere con le idee date e acquisire nuove abitudini” è proprio ciò che fa sì che la cultura e ” la filosofia si nutrano di domande sempre nuove”. Vladimir Jankélévitch, “Quelque part dans l’inachevé” .

 

E’ appena uscito in edizione bilingue, francese e italiano, (ed. Vrin-Parigi e Mimesis-Milano) il libro “En dialogue avec/In dialogo con Vladimir Jankélévitch”. A cura di E. Lisciani Petrini, contiene saggi degli studiosi francesi e italiani di Jankélévitch. Il mio intervento è in francese: “Conversion, vocation et ascèse dans la métaphysique de Jankélévitch. La versione in italiano del saggio è nel mio libro “Ermeneutica e scrittura” edito da Aliberti.

 

Il passo citato di Jankélévitch è all’origine del mio studio, da oltre quindici anni, del pensiero di Jankélévitch e del lavoro di traduzione che da anni conduco sul capolavoro di Jankélévitch, “Philosophie première”, ancora inedito in Italia, e di cui ogni tanto ho pubblicato qualche parte su riviste.